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mercoledì 23 giugno 2021

Amedit n° 45 | estate 2021


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Ci sono storie che sembrano riportarci all’anno zero della civiltà, capaci di cancellare o di rendere inefficaci tutte le conquiste civili finora faticosamente raggiunte. Ci sono ancora troppe persecuzioni perpetrate dentro e fuori la famiglia; troppi martiri che non anelano ad altro se non a poter vivere, semplicemente, secondo il loro cuore. Alireza Fazeli-Monfared e Saman Abbas erano due giovani come tanti altri, non c’era in loro una particolare aspirazione eroica o rivoluzionaria. Desideravano solamente vivere la propria vita, ma per poterlo fare erano costretti a dover fuggire dalla famiglia e da una cultura che li opprimeva. Entrambi innamorati sono morti mentre cercavano di raggiungere la persona amata. L’iraniano Alireza è stato ucciso a soli vent’anni, dal fratello e dai cugini. La sua colpa? Essere omosessuale. La pakistana Saman Abbas di anni ne aveva diciotto, ed è stata fatta sparire (non si sa ancora come e dove sia finita) anch’essa dai suoi familiari. La sua colpa? Vivere la sua eterosessualità secondo il modello occidentale. In entrambi i casi la famiglia è stata la semplice esecutrice di un delitto contro la persona i cui veri mandanti sono la religione, la politica, la cultura di un’intera nazione. Sono stati entrambi delle vittime indifese. Saman lo è stata pur vivendo in Italia; le istituzioni del nostro Paese cui si era rivolta, non sono state in grado di difenderla e di tutelarla. Indifese restano anche tutte le vittime del bullismo, del femminicidio, dell’omofobia, del mobbing e dello sfruttamento sul lavoro i cui drammi quotidiani si consumano nel silenzio, nell’indifferenza e nella più completa solitudine. In definitiva, per quanto apparentemente divisi, siamo tutti delle potenziali vittime o carnefici, e tutti democraticamente parte della stessa categoria: quella dell’unprotected.

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martedì 23 marzo 2021

Amedit n° 44 | primavera 2021

 



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Ci sono infiniti modi di viaggiare, anche senza spostarsi di un millimetro. La letteratura in più occasioni ci invita a riscoprire il senso del viaggio come condizione dell’essere, più che come accumulo di luoghi da visitare. Mai come adesso, limitati negli spostamenti e smaniosi di riconquistare la nostra libertà di movimento, risultano calzanti le parole di Henry Miller a proposito del viaggio: “La propria destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose”. L’antica saggezza ci dice anche che “ogni impedimento è giovamento”, ma questo è vero solo nella misura in cui siamo in grado di fare davvero esperienza del momento che stiamo vivendo. Lo stare fermi non implica necessariamente staticità su tutti i fronti. Anzi, talvolta occorre fermarsi per mettere in ordine, per raccogliere le idee, e soprattutto per riflettere. È proprio stando fermi che possiamo non solo ritemprare le energie, ma capire anche dove la nostra condotta ci sta portando, per poi ripartire, se possibile, correggendo il tiro. Più che la necessità di sentirsi altrove o intenti a fare qualcos’altro, lasciamo prevalere la volontà di capire, sforzandoci di prestare ascolto a ciò che questa esperienza sta cercando di insegnarci. Il cosmo ci invia i suoi messaggi, la natura ci parla e chiede una nostra riconciliazione, tutto ci suggerisce che qualcosa in quel che stavamo facendo non andava nel migliore dei modi. Non c’è una via di fuga che ci consenta di sottrarci a questa presa di coscienza, non c’è alcun luogo o attività che ci permetta di evadere per dimenticare o ignorare certe questioni troppe volte rimandate. C’è un mondo che va rivisto con occhi nuovi, e una vita che va rifondata su un’etica e su nuovi e più solidi valori. Le pagine di questo numero lasciano parlare l’uomo ma anche la natura, perché ci sono ferite da risanare, rapporti che vanno ridefiniti, sentimenti che chiedono i loro slanci, e ci sono soprattutto una civiltà e un umanesimo che attendono un nuovo rinascimento.

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mercoledì 23 dicembre 2020

Amedit n° 43 | inverno 2020/21



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Il 2020 un anno da dimenticare? Non proprio. C’è tanto su cui riflettere e meditare. Chi vorrebbe affrettarsi a cancellarlo, forse non ha ben compreso l’importanza di quel messaggio che ha cercato di trasmetterci. Al di là dei risvolti drammatici e dei costi, in vite e occupazione, che abbiamo e stiamo continuando a pagare, rimane per tutti noi l’invito a recepire una grande lezione d’umiltà. La nostra presunta onnipotenza deve fare i conti coi suoi limiti e i suoi guasti, e deve farlo prima che sia troppo tardi. Siamo ancora i figli degli anni Ottanta, di quel decennio in cui ci credevamo invincibili, immersi nell’euforia di un benessere sociale tanto effimero quanto fallace. Quello sconsiderato modello di sviluppo, vocato agli imperativi della produzione intensiva e del consumo sfrenato, ha fatto il suo tempo e i suoi danni. Già da tempo ne stiamo pagando le conseguenze, noi tutti e il pianeta su cui viviamo. Indietro non si può tornare. Desiderare di tornare a quella che molti chiamano “normalità”, è lecito solo nella misura in cui saremo capaci di rimetterci in discussione, rivedendo i nostri comportamenti e le nostre abitudini. Finché non si comprende che il male stava proprio in quella “normalità” divenuta ormai indicibilmente mostruosa e insostenibile, e in quello che ritenevamo fosse benessere, non potremo sperare in una nuova rinascita. Si potrà tornare alla normalità solo correggendola e migliorandola, soprattutto rendendola più umana e rispettosa. In molti l’hanno compreso, ma sono ancora troppo pochi. Con questo numero che ci traghetta nel nuovo anno, il nostro augurio è che, insieme al desiderio del bene ci sia anche la capacità di conseguirlo. Questo è possibile solo se saremo capaci di passare, finalmente, dai buoni propositi ai fatti. Rinascita è la parola chiave. Tre sono le sue condizioni essenziali: Responsabilità – Ridefinizione – Rispetto.

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mercoledì 23 settembre 2020

Amedit n° 42 | autunno 2020

 


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Allora, dove eravamo rimasti? L’araba fenice (così era emblematicamente intitolata – un nefasto presentimento? – la precedente copertina di Amedit) è finalmente pronta a risorgere dalle sue ceneri. Il Covid ha congelato le nostre vite, ma ora, anche se la sua minaccia è ancora nell’aria, siamo pronti a rimboccarci le maniche. The show must go on. Ci siamo fermati per ben due numeri, non era mai accaduto in dieci anni di intensa attività editoriale. Quella di fermarsi, di deporre temporaneamente le penne, è stata una scelta unanime di tutta la redazione. L’abbiamo fatto innanzitutto per una forma di rispetto. Certo, avremmo potuto cogliere l’occasione per incentivare la produttività – cosa che molti hanno fatto – ma abbiamo ritenuto più elegante tacere e aspettare. Riflettere e lavorare in silenzio. Ora che le nebbie si sono un po’ più diradate ci riaffacciamo timidamente, con cautela, persuasi che forse sia giunto il momento giusto per riaccendere i motori. Torniamo con un numero autunnale denso di contributi e testimonianze. Un numero molto corale e vario, con argomentazioni e tematiche che spaziano, com’è nostra consuetudine, tra la stretta attualità, il passato e il futuro.

Ricordiamo che, oltre alla diffusione su supporto cartaceo (circa 8.000 copie distribuite su tutto il territorio nazionale, specie nei circuiti universitari, nelle biblioteche comunali e nelle sedi delle istituzioni culturali), Amedit è presente anche online, sia come rivista sfogliabile (ospitata sulla piattaforma francese Calameo) sia sul grande archivio del sito ufficiale www.amedit.me

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lunedì 23 dicembre 2019

Amedit n° 41 | inverno 2019/20


Millenni di conquiste sul piano sociale e individuale hanno dato come risultato quello che abbiamo tutti quanti sotto gli occhi: un profondo senso di inadeguatezza e di perenne precarietà che lega a un comune destino le miserie dell’uomo medio e gli splendori delle personalità più brillanti. Le tecnologie ci hanno ripuliti dei fetori medievali, il progresso ha ingentilito i nostri costumi, il benessere ha gonfiato le nostre ambizioni, tuttavia la struttura portante della grande illusione civile è marcia e pericolante. Viviamo in una società che non riconosce i meriti, che denigra i talenti e spegne gli entusiasmi, e che spesso ignora finanche i nostri bisogni primari. Più che come Persone o Cittadini siamo riconosciuti come consumatori e telespettatori, fagocitati negli ingranaggi sporchi di una macchina capitalistica che ci riduce in target. Dietro i suoi belletti, dietro le sue superfici patinate la società attuale rivela impietosamente il suo assetto di giungla; come in un vizio di forma l’errore si replica di generazione in generazione, ed è proprio quando crediamo di essere a un passo dalla svolta che tutto ripiomba esattamente al punto di partenza. Grande assente, irriducibile bugiardo, lo Stato bracconiere è il primo responsabile della grande estinzione valoriale in cui le dignità autonome annaspano per sopravvivere. Uno Stato che si è sottratto ai suoi doveri, preoccupato com’è di tutelare solo se stesso; che nega diritti e non investe in cultura; che promuove, alimenta e legalizza una sorta di ignoranza istituzionalizzata, assecondando gusti e retrogusti dell’uomo medio è, in definitiva, più pericoloso e iniquo di un regime dittatoriale, poiché agisce contro gli interessi del cittadino e mina i fondamenti stessi della democrazia. Agli albori di questo nuovo Ventennio ci attende quindi una nuova sfida: quella di saper rinascere, come l’araba fenice, dalle ceneri di una civiltà svilita e mortificata proprio da chi avrebbe dovuto prendersene cura.

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lunedì 23 settembre 2019

Amedit n° 40 | autunno 2019


Parlare di democrazia, diritti o ambiente in uno scenario pubblico popolato di troppi assenti, è parlare al vuoto. Gli assenti riempiono le piazze, fanno numero e consensi, opinionano sui social e votano. Questa in cui ci tocca convivere è una scena affollata e chiassosa, ma al tempo stesso tacitata e disertata. Chi sono questi assenti? Sono quelle «Esistenze meschine, accigliate, che si insinuano nel mondo senza mai concretamente parteciparvi. Identità latenti, impersonali, buone solo a far numero nelle traiettorie ordinarie della formicolante collettività.» Sono i tanti «Cittadini ubbidienti, elettori acritici, lavoratori zelanti e cristiani rispettabili» proprio come il Monsieur Buche, protagonista del racconto di Octave Mirbeau che vi proponiamo in questo numero. Buche è uomo refrattario al pensiero e al giudizio critico, consumatore di idee e opinioni preconfezionate da «quella cultura media veicolata dalla stampa a più larga diffusione». Buche «assomma in sé tutta una collettività deficitaria di stimoli e motivazioni profonde», la cui esistenza è grama, priva di slanci e di interessi reali. Possiamo riconoscerlo tra quei tiepidi che improvvisamente si esaltano e applaudono il “salvatore della patria” di turno, o tra quanti si dicono “cristiani” mentre lasciano vite umane andare in pasto ai pesci. Una folla di pupi e sagome intercambiabili; di individualità vacue, soggettività mancate; di assenti in primo luogo a se stessi: su cosa si può discutere con costoro? Se c’è una noncuranza di fondo, un disinteresse a prescindere, un’indifferenza all’altro da sé, resta ben poco su cui discutere. C’è un’umanità da rifare e rieducare. Se il passato sembra riproporci i suoi fantasmi, e il presente non sa più distinguere tanto il vero dal falso, quanto il buono dal cattivo, non è con un colpo di spugna che cancelli diritti, libertà e opportunità che possiamo gettare le basi per il futuro. C’è una democrazia che deve riscoprirsi fiera e forte dei suoi ideali.

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domenica 23 giugno 2019

Amedit n° 39 | estate 2019

Lacrimae volvuntur inanes, di Iano (2019
Il fil rouge che lega la gran parte dei contributi presenti in questo numero estivo è quello dell’umanità offesa, dileggiata, calpestata dal carnefice di turno. Per espressa volontà di tutta la redazione Amedit questo numero è dedicato alla memoria di Antonio Cosimo Stano, un indifeso (non protetto dalle istituzioni né dai vicini di casa) che ha pagato con la vita il prezzo della più gratuita crudeltà; la morte di questo povero uomo è una sconfitta per tutti noi, per quel grado di civiltà che ci siamo illusi di aver raggiunto. La sua storia, purtroppo simile a quella di tante altre ma al tempo stesso unica nel suo genere per l’incomprensibile e inaccettabile spietatezza, è destinata a finire sepolta da tanta altra cronaca nera. Bisognerebbe invece fissarla nella memoria, assumerla come simbolo di un male a cui non vorremmo mai più assistere; bisognerebbe erigere un monumento ad Antonio, perché da pietra di scarto della società possa diventare l’emblema di tutte le vittime della violenza e un richiamo al rispetto della persona umana in tutte le sue diversità. L’uomo di Manduria incarna l’archetipo della vittima contemporanea, bersaglio di una violenza apatica che sempre più vediamo attecchire nel deserto culturale di questi nostri tempi come antidoto alla noia. Lacrimae volvuntur inanes, inutilmente scorrono le lacrime, scriveva Virgilio, ma le parole no, le parole conservano sempre il potere di denunciare le ingiustizie e di chiamare per nome i colpevoli: l’inchiostro non lava il sangue, non scongiura il lutto, ma traccia una possibile via di salvezza. Fermamente convinti che solo attraverso la cultura si possa costruire una società migliore, umanamente consapevole, rinnoviamo il nostro impegno di sempre, condividendo con il lettore storie importanti e dolorose attinte dal mare magnum di questa nostra epoca.

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sabato 23 marzo 2019

Amedit n° 38 | marzo 2019


Amedit torna a riproporsi carico di spunti e di contributi, attraverso narrazioni estese e approfondite che travalicano i confini spesso troppo angusti degli articoli tradizionali. Pagine piene, dense, esaustive, frutto di studi meticolosi e accurati che si offrono con un linguaggio quanto più possibile chiaro, accessibile e coinvolgente. L’apparato iconografico, per nostra scelta poco invasivo, ci consente di ottimizzare al massimo la capienza testuale della singola pagina (che conta una media di circa 5.200 caratteri tipografici). In questo nuovo numero incontriamo personaggi dalle personalità complesse e controverse, figure tanto luminose quanto oscure come la santa-scienziata Maria Gaetana Agnesi, la mistica Natuzza Evolo, il poeta Lord Alfred Douglas, il deportato Heinz Heger e la diva Joan Crawford. Figure iconiche e carismatiche, lontane tra di loro nello spazio e nel tempo, ma per molti aspetti straordinariamente simili. Anche questo numero ospita testimonianze dirette che riflettono su tematiche spinose come le NDE experience e i disturbi alimentari; non mancano le recensioni, i contributi storico-critici e le segnalazioni delle proposte più interessanti del mondo editoriale internazionale. Rinnovo la mia gratitudine a tutta la Redazione, oggi più che mai coesa e desiderosa di condividere. Un grazie, corale, va inoltre a tutti i nostri lettori, sempre attentissimi, esigenti e meravigliosamente partecipi (vorremmo poter rispondere in tempi brevi a tutte le vostre mail, vi chiediamo solo un po’ di pazienza). Vorrei ricordare che, oltre alla diffusione su supporto cartaceo, Amedit è presente anche online, sia come rivista sfogliabile (ospitata sulla piattaforma francese Calameo) sia sul grande archivio del sito ufficiale www.amedit.me

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domenica 23 settembre 2018

Amedit n° 36 | Scopri il nuovo numero

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SOMMARIO


Contro le mostre | Un pamphlet di Tomaso Montanari e Vincenzo Trione
di Massimiliano Sardina

LETTERATURA


Di niente e di nessuno | un romanzo di Dario Levantino
di Gaetano Platania

La statua di sale | un romanzo di Gore Vidal
di Pietro Valgoi

Il Somniale Danielis in manoscritti letterari | a cura di Valerio Cappozzo
di Giuseppe Maggiore

E Marx tacque nel giardino di Darwin | un romanzo di Ilona Jerger
di Marco Castelli

ovvero l’obbligo giudaico di essere detestati
Da duemila anni | un romanzo di Mihail Sebastian
di Mario Caruso

STUDI  MIRBELLIANI ITALIA

Due amici s’amavano | Un racconto crudele di Octave Mirbeau
di Massimiliano Sardina

STORIA


Tre manuali illustrati per piccoli antisemiti
Educare all’odio | L’antisemitismo nazista in tre libri per ragazzi
un volume a cura di Ivano Palmieri
di Massimiliano Sardina

PERSONAGGI


Jayne Mansfield, vita e dannazione di una  sirena di Hollywood
di Paolo Schmidlin

Compie 40 anni la Legge che abolì i manicomi
di Claudio Zamboni

TRA SCIENZA E ARTE


Il Pietrificatore. La collezione anatomica Paolo Gorini
di Massimiliano Sardina

SCIENZA


Alberi sapienti, antiche foreste | Un saggio di Daniele Zovi
di Cecily P. Flinn

TESTIMONIANZE


NDE EXPERIENCE – esperienze di premorte
testimonianza di Jonas Fischer
raccolta da Marie Lange
traduzione dal tedesco di Andrea Pardo

Confessioni di una superstiziosa
testimonianza di Rosa Z. (Pollena Trocchia, Napoli)
raccolta da Elena De Santis

MUSICA


Rettore specialmente. I testi e le canzoni dell’ultima strega della musica italiana
Un saggio di Emiliano Longo
di Simone Daddario

Chris | Il secondo album in studio di Christine and the Queens
di Lillo Portera

CINEMA


Teorema | 1968-2018 | Compie cinquant’anni il film più doloroso di Pier Paolo Pasolini
di Leone Maria Anselmi

COSTUME & SOCIETÀ


Quando la festa diventa un privilegio per pochi
di Sandro Bianchi

La democrazia non esiste. Critica matematica della ragione politica
di Salvo Arena

Manifesto per gli animali | un pamphlet di Melanie Joy
di Maria Dente Attanasio

L’insanabile movente della superstizione
di Giuseppe Maggiore

Questi articoli sono pubblicati sulla versione cartacea di Amedit n. 36 | settembre 2018.
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