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Ci sono storie che sembrano riportarci all’anno zero della civiltà, capaci di cancellare o di rendere inefficaci tutte le conquiste civili finora faticosamente raggiunte. Ci sono ancora troppe persecuzioni perpetrate dentro e fuori la famiglia; troppi martiri che non anelano ad altro se non a poter vivere, semplicemente, secondo il loro cuore. Alireza Fazeli-Monfared e Saman Abbas erano due giovani come tanti altri, non c’era in loro una particolare aspirazione eroica o rivoluzionaria. Desideravano solamente vivere la propria vita, ma per poterlo fare erano costretti a dover fuggire dalla famiglia e da una cultura che li opprimeva. Entrambi innamorati sono morti mentre cercavano di raggiungere la persona amata. L’iraniano Alireza è stato ucciso a soli vent’anni, dal fratello e dai cugini. La sua colpa? Essere omosessuale. La pakistana Saman Abbas di anni ne aveva diciotto, ed è stata fatta sparire (non si sa ancora come e dove sia finita) anch’essa dai suoi familiari. La sua colpa? Vivere la sua eterosessualità secondo il modello occidentale. In entrambi i casi la famiglia è stata la semplice esecutrice di un delitto contro la persona i cui veri mandanti sono la religione, la politica, la cultura di un’intera nazione. Sono stati entrambi delle vittime indifese. Saman lo è stata pur vivendo in Italia; le istituzioni del nostro Paese cui si era rivolta, non sono state in grado di difenderla e di tutelarla. Indifese restano anche tutte le vittime del bullismo, del femminicidio, dell’omofobia, del mobbing e dello sfruttamento sul lavoro i cui drammi quotidiani si consumano nel silenzio, nell’indifferenza e nella più completa solitudine. In definitiva, per quanto apparentemente divisi, siamo tutti delle potenziali vittime o carnefici, e tutti democraticamente parte della stessa categoria: quella dell’unprotected.
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