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Ci sono infiniti modi di viaggiare, anche senza spostarsi di un millimetro. La letteratura in più occasioni ci invita a riscoprire il senso del viaggio come condizione dell’essere, più che come accumulo di luoghi da visitare. Mai come adesso, limitati negli spostamenti e smaniosi di riconquistare la nostra libertà di movimento, risultano calzanti le parole di Henry Miller a proposito del viaggio: “La propria destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose”. L’antica saggezza ci dice anche che “ogni impedimento è giovamento”, ma questo è vero solo nella misura in cui siamo in grado di fare davvero esperienza del momento che stiamo vivendo. Lo stare fermi non implica necessariamente staticità su tutti i fronti. Anzi, talvolta occorre fermarsi per mettere in ordine, per raccogliere le idee, e soprattutto per riflettere. È proprio stando fermi che possiamo non solo ritemprare le energie, ma capire anche dove la nostra condotta ci sta portando, per poi ripartire, se possibile, correggendo il tiro. Più che la necessità di sentirsi altrove o intenti a fare qualcos’altro, lasciamo prevalere la volontà di capire, sforzandoci di prestare ascolto a ciò che questa esperienza sta cercando di insegnarci. Il cosmo ci invia i suoi messaggi, la natura ci parla e chiede una nostra riconciliazione, tutto ci suggerisce che qualcosa in quel che stavamo facendo non andava nel migliore dei modi. Non c’è una via di fuga che ci consenta di sottrarci a questa presa di coscienza, non c’è alcun luogo o attività che ci permetta di evadere per dimenticare o ignorare certe questioni troppe volte rimandate. C’è un mondo che va rivisto con occhi nuovi, e una vita che va rifondata su un’etica e su nuovi e più solidi valori. Le pagine di questo numero lasciano parlare l’uomo ma anche la natura, perché ci sono ferite da risanare, rapporti che vanno ridefiniti, sentimenti che chiedono i loro slanci, e ci sono soprattutto una civiltà e un umanesimo che attendono un nuovo rinascimento.
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