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mercoledì 23 dicembre 2020

Amedit n° 43 | inverno 2020/21



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Il 2020 un anno da dimenticare? Non proprio. C’è tanto su cui riflettere e meditare. Chi vorrebbe affrettarsi a cancellarlo, forse non ha ben compreso l’importanza di quel messaggio che ha cercato di trasmetterci. Al di là dei risvolti drammatici e dei costi, in vite e occupazione, che abbiamo e stiamo continuando a pagare, rimane per tutti noi l’invito a recepire una grande lezione d’umiltà. La nostra presunta onnipotenza deve fare i conti coi suoi limiti e i suoi guasti, e deve farlo prima che sia troppo tardi. Siamo ancora i figli degli anni Ottanta, di quel decennio in cui ci credevamo invincibili, immersi nell’euforia di un benessere sociale tanto effimero quanto fallace. Quello sconsiderato modello di sviluppo, vocato agli imperativi della produzione intensiva e del consumo sfrenato, ha fatto il suo tempo e i suoi danni. Già da tempo ne stiamo pagando le conseguenze, noi tutti e il pianeta su cui viviamo. Indietro non si può tornare. Desiderare di tornare a quella che molti chiamano “normalità”, è lecito solo nella misura in cui saremo capaci di rimetterci in discussione, rivedendo i nostri comportamenti e le nostre abitudini. Finché non si comprende che il male stava proprio in quella “normalità” divenuta ormai indicibilmente mostruosa e insostenibile, e in quello che ritenevamo fosse benessere, non potremo sperare in una nuova rinascita. Si potrà tornare alla normalità solo correggendola e migliorandola, soprattutto rendendola più umana e rispettosa. In molti l’hanno compreso, ma sono ancora troppo pochi. Con questo numero che ci traghetta nel nuovo anno, il nostro augurio è che, insieme al desiderio del bene ci sia anche la capacità di conseguirlo. Questo è possibile solo se saremo capaci di passare, finalmente, dai buoni propositi ai fatti. Rinascita è la parola chiave. Tre sono le sue condizioni essenziali: Responsabilità – Ridefinizione – Rispetto.

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mercoledì 23 settembre 2020

Amedit n° 42 | autunno 2020

 


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Allora, dove eravamo rimasti? L’araba fenice (così era emblematicamente intitolata – un nefasto presentimento? – la precedente copertina di Amedit) è finalmente pronta a risorgere dalle sue ceneri. Il Covid ha congelato le nostre vite, ma ora, anche se la sua minaccia è ancora nell’aria, siamo pronti a rimboccarci le maniche. The show must go on. Ci siamo fermati per ben due numeri, non era mai accaduto in dieci anni di intensa attività editoriale. Quella di fermarsi, di deporre temporaneamente le penne, è stata una scelta unanime di tutta la redazione. L’abbiamo fatto innanzitutto per una forma di rispetto. Certo, avremmo potuto cogliere l’occasione per incentivare la produttività – cosa che molti hanno fatto – ma abbiamo ritenuto più elegante tacere e aspettare. Riflettere e lavorare in silenzio. Ora che le nebbie si sono un po’ più diradate ci riaffacciamo timidamente, con cautela, persuasi che forse sia giunto il momento giusto per riaccendere i motori. Torniamo con un numero autunnale denso di contributi e testimonianze. Un numero molto corale e vario, con argomentazioni e tematiche che spaziano, com’è nostra consuetudine, tra la stretta attualità, il passato e il futuro.

Ricordiamo che, oltre alla diffusione su supporto cartaceo (circa 8.000 copie distribuite su tutto il territorio nazionale, specie nei circuiti universitari, nelle biblioteche comunali e nelle sedi delle istituzioni culturali), Amedit è presente anche online, sia come rivista sfogliabile (ospitata sulla piattaforma francese Calameo) sia sul grande archivio del sito ufficiale www.amedit.me

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